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Sergio Muniz a fianco di Luca Ward e Paolo Conticini in Mamma Mia

Al fianco di Luca Ward e Paolo Conticini, Sergio Muniz è uno dei protagonisti di Mamma mia!’. il musical scritto e diretto da Massimo Romeo Piparo che, dopo la tournée estiva e autunnale in giro per l’Italia, approderà a dicembre al Teatro Sistina di Roma. In queste pagine vediamo l’attore spagnolo al mare in compagnia della piccola Giorgia, 9 anni, nata da una precedente relazione dell’ex moglie Beatrice Bernardin. Contrariamente alle insistenti voci circolate nelle ultime settimane, Muniz ci svela di non avere alcuna intenzione di varcare la famosa porta rossa della casa del Grande Fratello Vip e ci racconta le “etichette” da cui, in questi anni di grandi soddisfazioni professionali, ha voluto liberarsi.

Il musical Mamma mia! richiama alla mente temi legati all’estate, alle vacanze, all’amore e alla musica.

«Sono nato nel 1975 e conosco bene gli Abba (la musica del gruppo svedese ha ispirato il noto musical, ndr). Con i loro brani indimenticabili, rappresentano un classico. Cantare in un musical è impegnativo: occorre essere molto precisi e rispettare i tempi degli altri interpreti. È un’esperienza bellissima, stimolante».

Anche tu, come i protagonisti del musical Mamma mia!, hai mai avuto il timore di avere, a tua insaputa, qualche figlio sparso in giro per il mondo?

 

 

«No, sono stato abbastanza giudizioso (ride). Non credo di aver fatto troppi danni».

Che ricordi conservi dei tuoi primi amori?

«Non si scorda mai quella stagione, con i suoi prò e i suoi contro. Avevo circa diciassette anni, ho fatto tutto un po’ tardi, diciamo così».

Nelle scorse settimane si è parlato di un tuo ritorno in televisione e, più precisamente, di un tuo possibile ingresso nella casa del Grande Fratello Vip. Che cosa puoi dirci in proposito? È davvero così?

«No, non è così. Finché in Italia rimarranno “marchiati’’ quelli che hanno partecipato ai reali tv. io. cercherò., di evitare questo tipo di trasmissioni. Ho già partecipato a un reality (V Isola deifamosi 2, vinta proprio da Muniz nel 2004, ndr): va benissimo così, è stata una bellissima esperienza e non mi pento assolutamente di averla fatta. Se continuassi a fare reality, però, non offrirei niente di nuovo. Sto crescendo professionalmente con il teatro, così come ho fatto anche con la televisione e con la musica».

«L’Italia è rimasta indietro»

A proposito di “etichette”: sembra starti stretta anche quella di sex symbol.

«Diciamo che mi piace giocarci su con autoironia. Alla fine, la bellezza cos’è? Qualcosa su cui non si può far troppo affidamento perché, presto o 1 tardi, inesorabilmente passa».

In questa commedia musicale interpreti un omosessuale. Questo ruolo è toccato a te a che sei originario della Spagna, apripista di una serie di * aperture legislative nei confronti del mondo omosex.

«in Italia siete un po’ indietro su questo fronte, come un’auto ferma in sosta con le quattro frecce accese. Anche in Spagna esistono ancora settori della società piuttosto retrogradi, ma dal punto di vista politico si è fatto molto di più».

Prendendo a prestito il titolo dello spettacolo, Sergio Muniz  che mamma è la tua?

«Una mamma che mi chiama per accertarsi che mangi. O che mi chiede se mi sono coperto abbastanza. E io le rispondo di no, visto che le temperature, in questi giorni, sfiorano i 40 gradi (ride)».

Sergio Muniz  e quand’eri più piccolo?

«Una santa: aveva a che fare con tre maschi. Lavorava, badava alla casa e a noi figli. Mio padre lavorava anche dodici ore al giorno. Avevo 16 anni quando ho cominciato a lavorare anch’io al mercato della frutta».

Come hanno reagito in famiglia quando hai deciso di lasciare casa per tentare la carriera di modello?

«Mi hanno detto: “Prova e vedi quello che riesci a fare”!».

E se tua figlia tra qualche anno ti dicesse la stessa cosa?

«Vedremo, fortunatamente ha ancora 9 anni».

Hai altri progetti professionali all’orizzonte?

«Continuerò a lavorare nella commedia teatrale Cuori scatenati di Diego Ruiz. E poi è appena uscito un mio singolo, che s’intitola Que calar».

 

Intervista a Sergio Muniz tratta da Vero.

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